Accanto al decadimento e alla contrazione di alcuni borghi come documentano Abellinum e Aeclanum. sorgono nuove realtà insediative.

Purtroppo il territorio è interessato dall’eruzione cosiddetta di Pollena nel 476 d.C  e da vari forti terremoti  ( 375 d. C.   che colpì  soprattutto il Beneventano, 848 d. C.  che rovinò  il Sannio e danneggiò tra altro la chiesa di Ariano Irpino,  quello drammatico del 989 d.C. che si estese a tutta l’Irpinia e quello del 1125 d. C. che una volta ancora  colpì il Beneventano e la valle del Calore).

La prima fase dell’instaurazione del dominio normanno nei centri irpini come altrove, vide i Normanni stanziati in una convivenza più o meno pacifica con i Longobardi superstiti; questi, ricevendo in suffeudo terre e villani, complessivamente gestivano la produzione delle coltivazioni dei demani feudali.

La presenza normanna nella zona è anche testimoniata dal culto del normanno Sant’Audeno, al quale fu dedicata una chiesetta a Montaperto.

Già intorno all’anno 1000 si era fatto pressante la necessità di una difesa più marcata dei luoghi,  in sostituzione di apparati di difesa precedenti.

Si svilupparono in sincronia numerosi insediamenti fortificati, arroccati sulle cime dei colli o in luoghi naturalmente protetti: Montemiletto, Montefusco, Montefalcione, San Barbato, Chiusano; Montaperto era già fortificato.

Nell’anno 1051 le terre del Principato (Serra, Montaperto, Atripalda, Lapio, Candida, Frigento, Fontanarosa, Gesualdo, Montemiletto) dipendevano da Melfi e facevano parte della Contea di Puglia.

È forse proprio in tale periodo che un gruppo di milites normanni si stanziarono sulle alture di Mons Militum, Mons Fulconis e Mons Fusculo.

Nel nuovo assetto politico l’area divenne una zona nevralgica al confine con la potente contea normanna di Ariano: il contrasto tra questa e i centri di Montemiletto, Montaperto, Montefalcione, Montefusco, la cui importanza strategica si accresceva per l’interesse della potente famiglia dei Sanseverino di mantenere sotto controllo il crinale tra la valle del Calore e del Sabato, portò alla distruzione dei due castelli di Montemiletto e Montaperto nello scontro con i Normanni di Ariano.

Nella prima metà del XIII secolo iniziò la dominazione sveva del territorio, periodo in cui l’intera zona ebbe notevole rilevanza strategica nelle vicende legate alla politica federiciana.

Nel 1237 l’imperatore Federico II di Svevia ordinava di rinforzare le difese del castello di Montefuscolo a spese delle Università di Montefuscolo, Tufo, Montaperto e Montemiletto.

Montemiletto e i centri vicini rappresentavano allora un punto di notevole importanza militare per Federico II e la sua opposizione alla politica guelfa del Papa.

Dopo il 1266, anno in cui Carlo d’Angiò, chiamato dal Papa, sconfisse Manfredi a Benevento, iniziò il periodo angioino del sito; fu feudo, per volere degli Angioini (tra il 1269 e il 1337), dei Gaillard, Waudemont e dei La Gonnèse, e conobbe una rinnovata importanza militare.

Dopo la morte di Carlo La Gonnèse, in mancanza di eredi, il feudo passò alla Regia Curia fino al 1383, anno in cui Montemiletto con atti di vendita divenne feudo dei Tocco.

Il luogo è citato come castrum, con un vasto possedimento territoriale e casali; negli anni 1404 e seguenti, il fortilizio fu interessato da cruenti avvenimenti, in cui fu demolita un’ala del castello.

Nel 1409 il feudo venne sequestrato ai Tocco e venduto ai Caracciolo; nel 1448 Alfonso D’Aragona però riconobbe definitivamente il feudo ai Tocco.

Nel 1567 i Tocco ottennero per il possesso di Montemiletto il titolo di Conte; a questo periodo potrebbe essere riferito lo stemma che è collocato sulla parete E della muratura che chiude la corte, al di sopra dell’apertura archivoltata che da sul borgo: lo stemma, che attualmente non reca alcun disegno, probabilmente in origine poteva essere dipinto.

Nel 1589 Battista di Tocco ampliò il territorio e il sito divenne Principato nel 1608.

Appoggiato alla cortina esterna, volta a W, della muratura che limita la corte di accesso al castello, è conservato lo stemma di Leonardo V di Tocco, che si ritiene comunemente risalente al XVII secolo per analogia con uno stemma presente in una chiesa costruita dallo stesso principe a Pratola Serra, e nella cappella gentilizia dei Tocco nel Duomo di Napoli.