Bisogna aspettare lunghi secoli per avere indicazioni significativi  relative all’ethnos degli Hirpini, questa popolazione italica  il cui nome deriva dall’animale totemico, il lupo (hirpus in lingua osca).

Resta comunque problematico definire i rapporti intercorrenti tra gli insediamenti dell’età del Ferro e quelli sannitici. Ci si sarebbe aspettato maggior evidenza dei contatti indubbiamente avvenuti con la Daunia, con la Pianura capuana e con  la Campania costiera e con i Greci e gli Etruschi che ormai vi erano installati.

La tradizione italica del “ver sacrum”, le primavere sacre  di cui scrivono gli autori antichi (Strabone  e Dionigi di Alicarnasso)  riflettono forse momenti di crisi (demografica e di carenza della produzione agricola); gli  infanti  di un determinato anno, raggiunta l’età adulta dovevano lasciare la tribù e cercare nuove terre  al seguito di un animale sacro al dio Mamerte (Marte).

La nuova installazione sarebbe stata dove si era fermato l’animale-guida. Indubbiamente tali migrazioni non sono  ascrivibili ad un particolare momento storico, ma spostamenti di gruppi dell’entroterra dovettero iniziare  verso la fine dell’età del Bronzo e protrarsi a lungo.

L’immigrazione capillare di individui probabilmente anche in qualità di mercenari, accanto agli Etruschi di Capua  in lotta contro Cuma (524 a. C.) sono  segnalati da Plinio (Naturalis Historia,  VII,3,1) e  da Polibio (III, 91,5),  segni precursori  della massiccia discesa del popolo dei Campani nella Campania del Nord con la presa con l’inganno di Capua nel 423 a. C. (Dion. Al. XV, 3, 7; Liv. IV, 37, 1-2).

La presa di Capua e di Cuma (nel 421) sancisce i nuovi assetti politico-culturali in Campania.

Anche se è  presente la ceramica a vernice nera, possediamo a tutt’oggi un solo  bronzetto di offerente che potrebbe riferirsi ad un santuario di epoca sannitica in loc. Casale S. Nicola.

Il tipo è piuttosto sorprendente in quanto non ha nulla in comune con la produzione italica nota.

La tipologia è incongruente per le due patere nella mani rattrappite; tuttavia si potrebbe trattare di una produzione locale altrimenti sconosciuta.

È stato proposto un confronto lato con il bronzetto femminile di Bucchianico, oggi al Museo archeologico di Chieti, ma non risulta proprio soddisfacente.

Sappiamo di una necropoli  in via Selvetelle a Montaperto risalente, sulla base della ceramica rinvenuta, al IV-III sec. a. C.; forse coeve alle necropoli di  Mercogliani–Santo Stefano, di Zanfreda  e di Orno, dovrebbero essere collegati a qualche insediamento sparso  di tipo paganico-vicano, cioè  costituito da un piccolo gruppo di case, di fattorie con annessi gruppi di sepolture, caratteristici del paesaggio rurale del periodo.

Pochi altri frammenti di ceramica sporadici sono stati raccolti anche in località Bosco sulla dorsale di Fontana Sala.

E’ molto scarsa  la presenza di monete; la causa di tale fenomeno è indubbiamente dovuta all’assenza di ricognizioni controllate.

Infatti, a testimoniare che la diffusione delle monete nel Sannio Irpino risalga già  alla prima metà del IV sec. a. C.  può essere addotta anche dal nuovo uso di deporre monete in tombe - “l’obolo di Caronte” - come è documentato in diverse sepolture, in particolare della Baronia.

D’altro canto il IV sec. è il momento in cui si sta evidenziando l’intensificarsi della frequentazione dei Sanniti  dell’interno con la costa tirrenica e ionica .

Assai importante è dunque la segnalazione  della moneta in argento con leggenda in osco IRNTHI, la cui area di diffusione è piuttosto limitata alla fascia costiera  della Campania, fatta eccezione dei pochi esemplari rinvenuti a Montecorvino Rovella durante lo scavo di un abitato del IV-III sec. a. C., a Nocera, nei pressi di Castel San Giorgio (Campomanfoli e S. Maria a Castello) e Fratte.

Il volume di emissione è stato verosimilmente assai piccolo e limitato nel tempo. Si possano conteggiare meno di un centinaio di esemplari. L’originaria ipotesi che la zecca fosse ubicata a Fratte è ormai abbandonata a seguito dei numerosi ritrovamenti avvenuti in Penisola Sorrentina, in particolare nell’area santuariale di Punta della Campanella.

L’esemplare di Pietracupa purtroppo isolato e privo di contesto riveste dunque una notevole importanza soprattutto se proviene da una tomba.

Il tipo con  D/testa  maschile di profilo verso destra.  R/con toro con testa umana barbata verso destra appartiene agli ultimi decenni del IV sec. a. C.

A partire della seconda parte del  III sec. a. C. ,  scarsi sono i dati archeologici riguardo agli insediamenti, in alcuni casi sono evidenti gli indizi di abbandono o di distruzioni violenti.