G. De Lorenzo e G. D’Erasmo nell’introduzione a “L’Elephas antiquus” nell’Italia meridionale” (1927), così scrivevano:

Ma per avere la prima esatta interpretazione di questi resti elefantini dell’Italia meridionale bisogna giungere al 1802, anno in cui l’abate Alberto Fortis, descrivendo i resti di elefanti scoperti dal conte Gazola….citò incidentalmente alcuni denti di elefante che gli furono mandati da Montefusco, in provincia di Avellino”.

Non era indicata la specie alla quale appartenevano. La notizia è ripresa da G. Nicolucci nel 1809.

L’elefante, animale oggi tipico dell’Africa e dell’Asia, visse in Italia durante il lungo periodo del Pleistocene.

Resti fossili provengono da Lioni, dal bacino di Venosa, da Acerno e da Frigento.

In questo ultimo sito, l’associazione di fossili di elefante e di ippopotamo, assieme a manufatti litici del Paleolitico inferiore, consentono di ipotizzare la frequentazione umana in concomitanza con questa fauna e di immaginare che potrebbero emergere anche nell’area di Montemiletto, come a Isernia o a Venosa, dati significativi su questa presenza.