Il sito è posto nel mezzo di un ampio varco naturale che si apre sulla valle del fiume Calore ed è delimitato dal Monte Caprio e dalla cresta di Lapio.

Il carattere pianeggiante della dorsale, unito agli elementi di cui sopra, è all’origine della sua lunga frequentazione.

Infatti è felicemente ubicato all’estremità della dorsale al confine di Lapia tra Taurasi e Campomarino e Montefalcone e prosegue poi verso S. Michele di Pratola Serra.

Un antico tratturo seguendo un percorso naturale collegava i due fiumi Sabato e Calore; verosimilmente anche la via di epoca romana doveva passare poco più a valle del fiume Calore nei pressi di Taurasi, dove si conservano i resti del ponte romano.

L’area è stato oggetto di numerosi ricognizioni da parte di S. D’Anna nel corso degli anni. Esse hanno permesso il salvataggio di reperti di varie epoche ma finora non vi sono stati interventi da parte della Soprintendenza archeologica.

È comunque attestata una intensa e duratura frequentazione preistorica indiziata da alcuni reperti sporadici già dal periodo neolitico (ascetta litica); l’area è frequentata anche durante l’Eneolitico antico, “aspetto di Taurasi” e l’Eneolitico finale (facies di Laterza).

S. D’Anna segnala due concentrazioni di reperti. Il primo vicino al bivio di Acqua Calda e il secondo vicino al bivio Bosco dei Preti.

I reperti, in molti casi, provengono da uno strato di terra particolarmente scuro e umificato, immediatamente sottostante all’eruzione delle Pomici di Avellino che sigilla l’intera area.

Nella zona di Acqua Calda si concentrano materiali da periodo neolitico (Tre strumenti lacunosi di in ossidiana e un’ascia di pietra nera).

La ceramica tipo Laterza è costituita tra altri reperti:
- da una scodella decorata appena sotto l’orlo da una fascia orizzontale incisa formata da file parallele di trattini appena obliqui;

- da un frammento di parete, con almeno tre file orizzontali di punti incisi posti al di sotto di una risega da avvicinare ad alcuni esemplari di S. Martino di Taurasi;

- da ceramica rusticata con superficie embricata e quella del Bronzo antico (frammenti di ceramica bruno scuro e nero decorata con linee incise formanti rombi e con punteggiature a file sovrapposte, nonché i reperti di epoca romana.

Da questa zona proviene la tomba custodita presso il Museo provinciale di Avellino nonché numerose monete, un’anforetta monoansata, una lucerna, della ceramica sigillata e resti di dolia.

Dal Bosco dei Preti, sono stati recuperati materiali del Bronzo antico. Negli strati sopra l’eruzione delle Pomici di Avellino, erano resti di corredi di tombe a cappuccina, monete romana e scorie ferrose.

S. D’Anna segnala la scoperta nella necropoli di “un vaso monoansato, nel cui interno sera stata deposta una lucerna nonché numerose monete in bronzo, un bracciale in bronzo, coppette in vetro e resti di vasi in argilla concotta”.

La lucerna con la scritta IVNDRA conosce una vasta diffusione (si rimanda a Simone D’Anna, 2014, pp.33-34).

Le monete romane sono oggi in collezione privata. Ne descriviamo due tra le meglio conservate:
-moneta di bronzo con il busto dell'imperatore a d. e la Securitas con iscrizione SECVRITAS REIPVBLICAE è piuttosto comune sui bronzi di Costantino e Licinio della prima metà del IV d.C. (313-337 d.C.).

Per meglio identificare il pezzo occorrerebbe qualche altro elemento (lettere con nome dell'imperatore al D. oppure indicazioni della zecca e/o dell'officina al R.; peso, diametro) che non è stato possibile acquisire.

- moneta di bronzo verso/testa di Roma con scritta a sinistra Roma, a destra Urbs; rovescio /lupa a sinistra con, sotto i gemelli, in alto a destra, due stelle.

La moneta con la lupa e i gemelli (sempre di IV d.C.) è piuttosto comune nelle coniazioni di Costantino I e di altri imperatori.
Sempre in località Campomarino fu rinvenuta nel XIX sec. l’iscrizione funeraria CIL, IX 2083 andata perduta.